Il Virus nella Mente


 

Come sarà il dopo pandemia? Come vivremo quando ci saremo tutti svegliati da quest’incubo del covid che un sogno non era? Come saranno i nostri rapporti lavorativi e sociali; le nostre relazioni amicali; i nostri incontri sentimentali? Ma, soprattutto, ci sarà un dopo? E arriverà con il vaccino? O molto prima, con la convivenza col virus, come stiamo già imparando a fare tutti, in questa seconda/terza fase, in cui sembra che il covid si stia adattando all’organismo umano, e stia diventando, almeno così dicono i numeri, meno pericoloso e letale? Tanti sono gli interrogativi, e le domande che ci poniamo, dopo aver vissuto tre mesi tristissimi, in cui i morti cadevano a grappolo, soprattutto nella regione Lombardia, la più colpita dal virus, insieme all’Emilia Romagna, al Veneto, e al Piemonte. Fino ad ora le misure di contenimento hanno retto, spegnendo la virulenza, e rallentandone la diffusione. Ma cosa accadrà in futuro? Ci sarà la seconda ondata, in autunno, o non è detto che questo debba necessariamente avvenire? Cominciamo ora ad essere tutti più sereni, complice anche la bella stagione, con le sue temperature calde e piacevoli, che ci ha invogliato ad uscire di casa con maggiore ottimismo dello scorso inverno 2020. E crediamo che il virus non si riproporrà con la stessa aggressività che ha causato ad oggi più di 800.000 vittime nel mondo, portando morte e desolazione pari a quelle di un conflitto armato. Ma cosa abbiamo appreso da questa esperienza traumatica, oltre la condivisione e la solidarietà con chi ci è più prossimo? Saremo davvero diversi o quando tutto tornerà com’era, ammesso che sia così, si riproporranno gli stessi comportamenti come se niente fosse accaduto? Se una cosa è certa, è che abbiamo appreso la lezione. E abbiamo tutti capito di non essere immortali; di non aver risolto, una volta per tutte, l’eterna sfida della morte e della vita che, testarda, vuole sempre vincere la battaglia del momento con ciò che la mette in crisi, svelandone la fragilità. Abbiamo compreso che vivere è davvero un miracolo, e che a morire basta molto poco. Che non vale la pena sfidare la morte, perché anzi quella è sempre in agguato, e ci attende dietro l’angolo, proprio quando siamo più convinti di non doverla incontrare. Abbiamo capito che le sfide della medicina non sono state vinte una volta per tutte. Che i vaccini sono importanti, come lo sono la ricerca scientifica e medica. E che queste attività hanno valore e dignità che devono essere apprezzate e stimate, perché conferiscono pregio e virtù alla vita umana stessa. Abbiamo compreso che non si può andare avanti da soli. Che ogni conquista umana implica impegno, sacrificio, condivisione e dedizione, da parte di tutti, in modo solidale. 

 

La Storia della Medicina ci illustra, come l’autore de Il Virus nella Mente, il professor Antonello Bellomo, ha scritto nel suo libro, che la guerra per la vita, contro i virus, è vecchia quanto l’uomo, e che, stando agli ultimi eventi, non è mai stata vinta. Perché i virus sono strani organismi viventi, che si adattano e provano a mutare di continuo, facendo temutissimi salti di specie, che ci rendono più vulnerabili anche per via dei nostri comportamenti, poco rispettosi della natura e dell’ambiente. E dunque, se è vero che bisogna rispettare il sistema ecologico, con i suoi imprescindibili e delicati equilibri, è anche altrettanto vero che l’ambiente naturale costituisce il nostro habitat, ed è la casa in cui viviamo. Se sappiamo rispettare l’ambiente, rispettiamo anche la vita umana. Se lo deturpiamo e lo distruggiamo, finiremo per annientare anche noi. 

 

E dopo il virus arriva la paura, lo stigma e il pregiudizio, che allontanano l’uomo dall’uomo, condizionando rapporti e relazioni, non più improntati alla ricerca dell’altro, quanto piuttosto segnati dalla paura dell’incontro, e dall’isolamento reciproco, nell’intento di proteggere e salvaguardare la propria stessa vita. L’altro non è più una risorsa, ma diventa una minaccia ed un rischio da evitare. E per proteggersi bisogna innalzare muri, steccati, divisioni, che alimentano la paura di qualcosa di invisibile, di indefinito e di non individuabile che, nella sua mancata identificabilità, genera angoscia e sviluppa in misura geometrica la potenza della sua carica psicotica. 

 

Così, accanto ad una carrellata delle più grandi epidemie della storia umana, che vanno dalla peste del Trecento, alla Spagnola, al virus dell’HIV, fino alle più recenti epidemie di Ebola, e al Covid19, Antonello Bellomo, ha rappresentato, nel suo libro, gli effetti psicologici - e psichiatrici – delle malattie che hanno afflitto l’umanità, e che hanno fatto scrivere molte pagine oscure alla ricerca medica e a quella storico scientifica, perché hanno, inevitabilmente, mietuto un numero assai elevato di vittime, a livello individuale e collettivo, se si pensa che le più grandi crisi economiche, o i conflitti bellici, sono stati sempre preceduti o seguiti anche da epidemie molto gravi, per la loro virulenza, e la velocità di espansione e diffusione della malattia. Difatti, per parlare di pandemia è necessario che la diffusione virale sia estesa su tutto il pianeta, e che nessuna parte della terra possa considerarsi immune da essa. Ma la pandemia è soltanto l’ultimo approdo del virus, che si sviluppa prima in modo endemico all’interno di una precisa area geografica e che, quando non viene adeguatamente isolato e circoscritto, si diffonde al di fuori del paese in cui si è originato, causando un’epidemia, e solo successivamente, nei casi più gravi, come per l’attuale covid19, diffondendosi su tutto il pianeta, e generando una vera e propria pandemia. La velocità di diffusione e la letalità dipendono anche dalla contagiosità virale che, quanto più è elevata, tanto più si fa potenzialmente pericolosa per tutta la popolazione mondiale. Ciononostante, gli effetti comportamentali sulle persone, risultano essere i più disparati: c’è chi nega i fatti, sostenendo che non esiste alcuna pandemia; chi si barrica in casa, e fa fatica ad uscire anche dopo, perché continua a vivere il “fuori” come una minaccia della sua integrità fisica e dei suoi propri confini. Ovviamente bisogna cercare e praticare la medietà, senza eccedere nell’un senso come nell’altro opposto.  

 

Ad ogni modo, come accade sempre nella storia, e dunque anche nella storia della medicina, ogni epidemia ha qualcosa da dire per tutte le epidemie che hanno afflitto l’umanità. I caratteri comuni li possiamo estrapolare da questo bel lavoro di sintesi del professor Bellomo, che ha saputo abilmente riunire le sue competenze medico psichiatriche con gli interessi per la storia della medicina, facendole convergere nello spunto assai interessante che ci propone la sua ricerca. Essi sono le crisi economiche e politiche, e la generale instabilità monetaria, o le carestie, e l’assenza di risorse; la mancanza di misure profilattiche o – nella storia più antica – di vere e proprie norme igieniche; la conseguente diffusione del virus; la malattia e la morte come misura del limite ontologico con cui l’umanità si deve inevitabilmente confrontare; le misure precauzionali di isolamento individuale e collettivo, con l’uso dei dispositivi di sicurezza e di distanziamento sociale e fisico dagli altri; l’allontanamento e lo stigma che da sempre accompagnano la malattia; il pregiudizio che colpisce chi è vittima della diffusione e del contagio; la costruzione del paradigma dell’altro come estraneo, straniero, minaccia, rischio, per l’altrui integrità. 

 

Tuttavia, se pensiamo che solo circa un anno fa, eravamo tutti a ragionare e disquisire di immigrati e politiche migratorie, fa specie pensare che la categoria dei nuovi poveri, e dei nuovi emarginati, con il carico di disoccupazione, disperazione, depressione e smarrimento che ne conseguono, potrebbero oggi più che mai, toccarci da vicino. Perché l’umanità è fragile allo stesso modo ad ogni latitudine e longitudine della terra, e i virus non fanno differenze, e colpiscono soprattutto i paesi più globalizzati e ricchi, e le regioni all’avanguardia. Ci resta da domandarci se, per continuare la guerra al virus, ci attende, sic stantibus rebus, un futuro dietro lo schermo del pc, o se potremo presto tornare ad abbracciarci, decretando, ancora una volta, la vittoria dell’uomo e della ricerca scientifica e medica, e della vita sulla morte. E credo fermamente che valga la pena di insistere a sperare e lottare perché debba essere proprio così.

 



 

L’autore

Antonello Bellomo è Professore Ordinario di Psichiatria presso l’Università degli Studi di Foggia. Docente di Psichiatria, Psicologia Clinica e Storia della Medicina in vari corsi di laurea e di specializzazione. Direttore del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura OORR. Direttore del Dipartimento di Salute Mentale ASL FG Provincia di Foggia. Ha al suo attivo 246 articoli su riviste nazionali e internazionali, libri ed atti di congressi di cui 121 censiti su Scopus, Web of Science, PubMed. È autore principale di 5 monografie e di 202 abstracts su riviste ed atti di congressi. È stato due volte Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale. Attualmente è consigliere della Società Italiana di Psichiatria e Presidente della Società Italiana di Riabilitazione Psicosociale.

 

Dalla quarta di copertina

L’Autore ha effettuato un percorso storico-narrativo delle principali epidemie della storia dell’uomo, soffermandosi soprattutto su quelle di cui esiste maggiore documentazione (Peste Nera, Febbre Spagnola, Tubercolosi, AIDS, Pandemie influenzali del XX secolo), al fine di valutarne i principali effetti psicosociali; ha voluto cioè evidenziare quali credenze, comportamenti e reazioni psicologiche sono state messe in atto dalla popolazione nelle condizioni prodotte da queste calamità naturali, al fine di esplicitare quelle che si ripetevano più frequentemente. L’analisi condotta ha evidenziato che spesso ripetiamo sempre gli stessi pensieri o comportamenti (ancorché con modalità culturali diverse), se esposti alla stessa tipologia di minaccia, anche a distanza di alcuni secoli, in una sorta di “coazione a ripetere” collettiva; un obiettivo intelligente potrebbe essere quello di apprendere dal passato per controllare meglio il futuro, ma anche quello di poter intervenire, laddove possibile, al fine di evitare nuovi episodi di pregiudizio, discriminazione, segregazione che in passato si sono rivelati francamente inutili, se non dannosi.

 

Il Virus nella Mente è stato pubblicato in formato ebook e cartaceo, a stampa, per le Edizioni Wip (2020) di Bari

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