HEGEL



La Fenomenologia dello Spirito, pubblicata da Hegel nel 1807, doveva rappresentare, negli intenti iniziali del filosofo tedesco, solo un'introduzione all'opera che egli intendeva effettivamente realizzare: l'Enciclopedia delle Scienze Filosofiche in Compendio. Ma questo lavoro, costituito da un'immensa mole di lezioni, svolte da Hegel all'Università di Berlino, su filosofia del diritto, filosofia della storia, filosofia della religione, estetica, logica, ed altro, non venne mai portato a termine da lui in persona. Furono gli allievi di Hegel, che dopo la sua morte pubblicarono, nel 1831, una versione completa dell'Enciclopedia, la cui prima uscita risaliva già al 1817 (quando Hegel era ancora vivente).

L'incipit della raccolta prende il via dalla Scienza della Logica, del 1817, che tratta la triade di logica, natura e spirito. Triade che conclude il cammino iniziato dallo Spirito, con la Fenomenologia.

Difatti la Fenomenologia si apre con la triade della prima figura: la coscienza (sensibilità, percezione e intelletto), con la quale, a partire dalla conoscenza sensibile, e passiva dei sensi, si ha la costruzione percettiva dell'oggetto, e si giunge alla sua rappresentazione astratta, e intellettiva, quando non c'è più bisogno della presenza materiale dell'oggetto, per poterlo evocare. Il rapporto conoscitivo tra soggetto e oggetto, viene rovesciato, nella figura della coscienza, a favore dell'oggetto, che emerge dal fondo della coscienza stessa, come dominante. D'altra parte, non si è mai vista una coscienza vuota, perciò, quando si parla di coscienza, la coscienza deve necessariamente avere un suo oggetto. Perché si è sempre coscienti di qualche cosa.

La seconda figura della Fenomenologia è l'autocoscienza, che guarda al rapporto tra due coscienze che entrano in contatto tra loro, relazionandosi. Da sempre, sostiene Hegel, due coscienze che interagiscono non si situano in posizione simmetrica, né dal punto di vista psicologico, perché c'è sempre una coscienza dominante, e l'altra soggiacente; né dal punto di vista storico, politico, economico, perché il più forte, il più potente, il più ricco, finirà per dominare sul più debole. Sin dal Medioevo, con i rapporti vassallatici del feudalesimo, si assiste al relazionarsi di due autocoscienze, nella figura tipica del servo e del padrone. La coscienza, difatti, si fa autocoscienza, quando diventa consapevole di se stessa, come oggetto, in relazione alla figura dominante o a quella soggiacente, relativamente all'altro.

La dialettica servo-padrone si genera nel momento in cui il servo ha formato questa consapevolezza di sé, e dell'importanza del suo stesso lavoro, con il quale si libera dal padrone, che a sua volta diventa schiavo del lavoro del servo. I ruoli si rovesciano, e il servo può far pesare al padrone questa consapevolezza, costringendolo a dialogare con lui. 

la terza figura della Fenomenologia è quella della coscienza infelice. Quando si sia verificata la dialettica servo-padrone, e le due autocoscienze siano entrate in contatto, relazionandosi reciprocamente, il servo comprende che, al di là dei ruoli psicologici, vi sono precise posizioni di dominio, garantite nella storia dal potere e dal denaro. Per quanto il servo possa costringere al dialogo il padrone, egli, che è il più debole, perché è il più povero, non potrà mai rovesciare le sorti della storia, che va avanti allo stesso modo da secoli. Subentreranno, allora, nel servo, tre stati differenti: quello dello stoicismo, in cui il servo si distacca dalla realtà, disinteressandosi di quanto accade fuori di lui; a questo stato segue quello dello scetticismo, nel quale il servo non crede più a niente, perché ha perso fiducia nel potere del lavoro di cambiare la storia; ed infine, il terzo stato, che è quello della coscienza infelice, caratterizzato da una profonda disperazione del servo, che vive la sua condizione di sottomissione al padrone come un'intollerabile infelicità.

Per risolvere la coscienza infelice si può, allora, scegliere tra due strade diverse: l'alienazione religiosa, o la Ragione.

L'alienazione religiosa allontana l'uomo dalla sua battaglia reale, e trasla il piano dei diritti sociali su quello della fede, senza, di fatto, risolvere la questione del lavoro e dei diritti stessi. Ecco perché Hegel giudica questa scelta, pure possibile, sempre e comunque una scelta alienante. perché essa, lungi dal risolvere i problemi, sposta semplicemente l'attenzione su di un piano del tutto diverso da quello della realtà. Ogni religione, infatti, crede in un dio e promette un aldilà che non è certo. Così l'umanità smette di combattere per ottenere ciò che è giusto, e si sottomette al padrone, in vista del premio eterno. La religione potrebbe essere la più grande illusione della modernità. E Hegel è filosofo della modernità, perché, per la prima volta nella storia della filosofia, pone l'accento sulla questione del lavoro e dei suoi diritti, e sull'alienazione religiosa.

Ad ogni modo, Hegel rappresenta il percorso della religiosità umana, attraverso tre momenti: quello delle religioni naturali; quello del politeismo greco e romano; e quello dei monoteismi della religione ebraica e del cattolicesimo.

Le religioni naturali sono quelle delle civiltà più antiche, e dei popoli orientali (come gli Egizi), i quali divinizzavano elementi naturali, perché mancava loro la conoscenza scientifica di certi fenomeni, che non si sapevano spiegare.

L'evoluzione della storia umana, giunse in epoca greco-romana ad immaginare divinità antropomorfe, gli dei, che avevano vizi e virtù degli esseri umani. La divinità si umanizza con il politeismo.

Infine si giunge alla conclusione che se dio c'è deve anche essere unico. Nascono, così, le religioni monoteistiche, ebraismo e cattolicesimo, che sono anche le più sviluppate ed evolute.

Esiste, però, una differenza sostanziale tra ebraismo e cattolicesimo, in quanto gli uomini erano ritenuti, per gli Ebrei, ancora schiavi di Dio. Si tratta della concezione di Dio del Vecchio testamento, che vede un Dio giudice spietato, ed un uomo servo del suo Dio.

Non così nel cattolicesimo, religione del Nuovo Testamento, in cui Dio è Padre Buono, Creatore per Amore. E gli esseri umani sono tutti liberi, perché figli di Dio. 

Inoltre, il cattolicesimo rappresenta bene la storia dell'uomo, nel mistero della Santissima Trinità, secondo il quale Dio è unico, ma in tre persone, manifestandosi ed oggettivandosi nel Figlio, e tornando a sé nello Spirito, che rappresenta l'unità indissolubile di Padre e Figlio incarnato.

Sebbene Hegel interpreti la scelta religiosa sempre e comunque come un'alienazione, il filosofo tedesco predilige, tra le altre, la religione cattolica, che egli interpreta come la più evoluta per il dogma trinitario, per la dignità di figli, riconosciuta agli esseri umani, per il mistero dell'incarnazione e della resurrezione di Dio, che ne fanno una religione rivelata.

La seconda alternativa, per risolvere la coscienza infelice, è quella della Ragione. Ed è quella prediletta da Hegel.
 
(Allego, di seguito, alcuni appunti trovati in rete, che sono molto utili a capire il percorso continuativo dello Spirito, fino all'Assoluto. La scelta della Ragione, difatti, rappresenta, per Hegel, l'inizio di un nuovo cammino, quello della Scienza della Logica, che apre le porte all'Enciclopedia, concludendo il discorso introduttivo, che aveva iniziato nella Fenomenologia). 

Nella Fenomenologia lo Spirito al termine del suo accidentato percorso deve prendere le distanze da tutto ciò che ha vissuto, guardando a sé e alle proprie esperienze con occhio estraneo, oggettivamente, per rendersi conto del cammino fatto, per dare il giusto senso a ogni cosa, per acquisire piena consapevolezza della fatica compiuta (Hegel parla di “fatica del concetto”).
Dialettica: Per arrivare al pieno possesso di sé lo spirito (tesi) si aliena da sé (antitesi), ponendo se stesso come oggetto, per poi riconoscersi in esso e dunque ricomporsi in perfetta unità(sintesi).

L’elemento SPECULATIVO(=sintesi),  nel suo vero senso è ciò che contiene in sé come superate quelle opposizioni a cui si ferma l’intelletto (quindi anche l’opposizione tra soggettivo  e oggettivo) e proprio così mostra di essere come concreto e come totalità”.
Speculum= specchio. Riflessione filosofica

La FILOSOFIA deve prendere atto della realtà e non può pretendere di dare direttive alla realtà, indicando come deve andare il mondo. Missione della filosofia è comprendere il proprio tempo. La filosofia arriva tardi, cioè quando la realtà ha ormai portato a compimento il suo processo di formazione (cioè quando è diventata un intero, quando è compiuta). Con una celebre immagine di Hegel: la filosofia è come la NOTTOLA DI MINERVA= che inizia il suo volo al crepuscolo, quando la realtà è ormai compiuta. Ciò può anche voler dire che un’epoca compiutamente compresa dalla filosofia è ormai arrivata al tramonto, ovvero può voler dire che sta per iniziare un nuovo avvio, una nuova epoca.

ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE FILOSOFICHE IN COMPENDIO

SCIENZA DELLA LOGICA
L’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio rappresenta la più compiuta esposizione dell’intero sistema hegeliano; tanto da essere nominata la “Bibbia hegeliana”. L’oggetto generale della trattazione del sistema hegeliano è la totalità della realtà intesa come ragione assoluta ed infinita che Hegel chiama “Idea”. L’idea può essere considerata in 3 modi diversi che mettono capo alle 3 articolazioni fondamentali del sistema hegeliano: la Logica (ossia la Scienza della Logica elaborata da Hegel negli anni tra il 1812 e il 1816; la prima parte del suo sistema che troverà compiuta articolazione in quest’opera), la Filosofia della Natura e la Filosofia dello Spirito.
L’Idea hegeliana è fondamentalmente divenire e la legge che regola tale divenire è la dialettica, che risulta essere non solo la legge di sviluppo della realtà, dunque ontologica, ma anche la legge di comprensione di questa realtà, dunque gnoseologica.Questo procedimento dialettico è detto triadico in quanto consta di 3 momenti:
1)-   il primo detto tesi, dal greco titheim= pongo ( Idea in sé ) è l’affermazione immediata di un concetto, è la semplice coscienza di un oggetto;
2)-   il secondo detto antitesi ( Idea fuori di sé ) è la negazione di tale concetto ed il passaggio ad un concetto opposto poiché l’oggetto appare come qualcosa di altro rispetto al soggetto ( da notare che nella filosofia hegeliana la negazione è solo un momento che costituisce un farsi del positivo). La negazione né annienta e né distrugge. La negazione non è una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve ed è perciò negazione determinata.
3)-  il terzo detto comunemente sintesi, dal greco Syn-titheim= pongo insieme ( Idea in sé e per sé ) è l’unificazione di questi due momenti.
Questa ultima istanza Hegel la focalizza con il termine tedesco Aufhebung, che esprime l’idea di un superamento che è allo stesso tempo un togliere l’opposizione ed un conservare la verità della tesi e dell’antitesi, considerati ad un livello superiore. Ogni sintesi rappresenta a sua volta la tesi di un’altra antitesi, cui succede un’ulteriore sintesi e così via. A prima vista sembrerebbe che la dialettica esprima un processo aperto. Se fosse così si avrebbe il trionfo del “cattivo infinito”, un processo che, spostando la meta da raggiungere, toglierebbe allo Spirito il pieno possesso di se medesimo. Hegel opta invece per una dialettica a “sintesi chiusa” che ha un ben preciso punto di arrivo. Nella Storia la piena realizzazione dello Spirito è nelle strutture politiche del Regno di Prussia di Federico Guglielmo IV di Hohenzollern, e nella storia della Filosofia è nella filosofia hegeliana.
In base a questo schema triadico: la Logica si configura come l’Idea in sé; la Filosofia della Natura come l’Idea fuori di sé e la Filosofia dello Spirito come l’Idea che ritorna a sé, come sintesi dei due elementi prima opposti (Pensiero e Natura ).
La prima parte dell’”Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio” è appunto la Logica che prende in considerazione l’ossatura logico-razionale della realtà. Seguendo l’indice, nelle sue linee più generali, dell’Enciclopedia, possiamo ripercorrere i passaggi fondamentali della logica, scanditi dall’andamento triadico della dialettica, in cui si ritrovano i temi di fondo della metafisica tradizionale, dell’ontologia. Infatti il termine ‘logica’ è usato da Hegel per indicare la scienza che espone i principi e le strutture che stanno a fondamento della realtà concreta di cui si fa esperienza. È la scienza dell’idea pura, dove il termine ‘idea’ designa (in senso platonico) la vera realtà nella sua pienezza razionale. La logica allora si identifica con la metafisica, il pensiero con l’essere, l’idea con la realtà. Non c’è ragione di distinguere la logica dalla metafisica, perché i concetti non sono altro che le determinazioni della realtà, e le determinazioni della realtà sono i concetti. (la filosofia moderna trova il suo compimento in Hegel: cioè che i nostri pensieri sull’essere rappresentano l’essenza del mondo).
La Logica è dunque per Hegel il primo atto del filosofare su cui si fonda ogni successivo filosofare. L’Idea viene considerata in base alle categorie di essere, essenza e concetto. La scienza della Logica di Hegel si divide in tre parti, che riguardano rispettivamente la “logica dell’essere”, la “logica dell’essenza” e la “logica del concetto”.
Con ESSERE Il punto di partenza è dato dal concetto di essere, che si presenta essere come vuoto, astratto, assolutamente indeterminato e privo di ogni possibile contenuto. L’essere di cui parla Hegel è l’essere parmenideo, l’essere di cui non si può dire nulla se non che è. Non si tratta qui di dedurre o di ricavare dall’essere stesso altre categorie, ma di vedere in che modo la nozione di essere risulti trasformata in modo dialettico. intendiamo l’intera realtà. La logica dell’essere espone la struttura dell’essere immediato, cioè dell’essere non ancora fatto oggetto di riflessione. Quando l’essere non si pone più come immediato ma diventa oggetto di riflessione, ovvero quando è pensato nella sua verità, allora si manifesta come ESSENZA. Il vero sapere è quello che coglie l’essenza delle cose, al di là del loro essere immediato, superficiale, apparente. L’essenza è l’interiorità dell’essere, che sta dietro le determinazioni accidentali con cui si presenta a prima vista.
La sintesi dell’essere, l’essere immediato che non è ancora oggetto di riflessione, e dell’essenza, cioè della riflessione, è secondo Hegel il concetto. Il concetto è l’intelligibilità delle cose. L’ultima parte della Logica che è proprio la dottrina del CONCETTO è suddivisa in 3 sezioni: la soggettività, l’oggettività e l’idea. La sintesi della soggettività e dell’oggettività è l’idea, ovvero la realtà colta come intelligibile nella sua totalità, nella ricchezza di tutte le determinazioni e dei rapporti che intercorrono al suo interno. Nella forma più immediata l’idea è vita, cioè anima realizzata in un corpo; nella sua forma mediata o più elevata, e tuttavia finita, è il conoscere. L’unità della vita e del conoscere (negli aspetti teoretico e pratico) è l’idea assoluta, cioè la ragione o l’insieme di tutti i concetti che costituiscono l’intelligibilità del reale. L’idea assoluta hegeliana dovrà estraniarsi nella natura per acquistare piena consapevolezza di sé e diventare spirito.

FILOSOFIA DELLA NATURA
Alla filosofia della natura che costituisce la seconda parte del sistema hegeliano è dedicata la seconda parte dell’Enciclopedia. Nel sistema hegeliano, l’idea in sé, oggetto di studio della Logica, (è l’intelligibilità del reale) è l’assoluto in sé, cioè non consapevole di se stesso. Per acquisire piena consapevolezza, l’idea in sé deve morire a se stessa, deve estraniarsi da sé, deve oggettivarsi, deve diventare oggetto di se stessa, deve incarnarsi nella natura. (l’idea “ha mani e piedi”) nel divenire dialettico l’idea in sé deve manifestarsi come idea fuori di sé.
Oggettivandosi, l’idea porta nella natura un principio di intelligibilità, una razionalità immanente, grazie alla quale diventa possibile un’analisi scientifica della natura, cioè una filosofia della natura.
L’idea, che assume la forma della natura, si disperde nella molteplicità dello spazio e del tempo. L’idea quindi è esteriorità. Non può contemplare la libertà, ma solo la necessità e l’accidentalità (il moto regolare degli astri, la nascita della vegetazione). Hegel arriva al paradosso affermando che perfino un’azione malvagia, frutto dell’arbitrio umano, è superiore all’innocenza delle piante.
La natura è manifestazione dell’idea nella sua forma infima, più bassa e incompleta. La natura è stata definita come decadenza dell’idea da se stessa, perché l’idea nella forma dell’esteriorità è inadeguata a se stessa. La natura è la morte o il negativo dell’idea. Da qui deriva la svalutazione delle scienze della natura, che non possono concettualizzare dal momento che la natura è al di sotto del livello del concetto. La natura è relegata al regno dell’accidentale.
La filosofia della natura è il punto debole dell’idealismo hegeliano, ma poiché è il momento oggettivo dell’idea, è funzionale al passaggio nella fase successiva, ovvero alla filosofia dello spirito.
Culmine della filosofia della natura è: l’organismo vivente.

FILOSOFIA DELLO SPIRITO
La terza parte dell’Enciclopedia è dedicata alla filosofia dello spirito. Dopo essersi estraniata nella natura, l’idea può tornare in sé e acquistare consapevolezza di sé, nel linguaggio hegeliano può essere non solo in sé, ma anche per sé. L’idea ritornata in sé, l’idea pienamente attuata, la realtà nella sua forma più alta, è lo Spirito. Lo Spirito è sintesi vivente dell’idea (tesi) e della natura (antitesi), è dunque l’assoluto.
Riepiloghiamo che il processo dello Spirito si articola in 3 momenti: quello dell’idea in sé; quello dell’idea fuori sé; quello dell’idea in sé e per sé o che ritorna a sé. A questi 3 momenti corrispondono 3 sezioni del sapere filosofico:
  1. la logica che è la scienza dell’idea in sé, dello spirito nella sua possibilità logica, della struttura logico-razionale della realtà
  2. la filosofia della natura che è la scienza dell’idea fuori di sé, nel suo estraniarsi da sé.
  3. la filosofia dello spirito che è la scienza dell’idea in sé e per sé, che dalla sua alienazione ritorna a sé.
La filosofia dello spirito è la conoscenza più alta e difficile, è lo studio dell’Idea che dopo essersi estraniata da sé, sparisce come natura, cioè come esteriorità e spazialità, per farsi soggettività e libertà, ovvero autocreazione e autoproduzione.
La filosofia dello spirito si articola a sua volta nei 3 momenti dello spirito soggettivo, spirito oggettivo, spirito assoluto.
  1. spirito soggettivo è il momento in cui lo spirito è ancora legato alla finitudine. È la consapevolezza che lo spirito ha di sé in quanto singolo individuo. È lo spirito che si realizza nella coscienza individuale. È lo spirito individuale nell’insieme delle sue facoltà.
  2. spirito oggettivo è lo spirito sovraindividuale o sociale. È la consapevolezza che lo spirito ha di sé nei rapporti con gli altri uomini all’interno della vita sociale. È lo spirito che si esprime nell’oggettività delle istituzioni storiche le cui tappe sono: il diritto=rapporto della volontà con il mondo esterno (diritto di proprietà). la moralità=rapporto della volontà libera dell’individuo con la propria interiorità secondo le regole universali. L’eticità= la volontà libera dell’individuo si realizza nella società, ossia nella famiglia, nella società civile, nello stato.
  3. spirito assoluto è il momento in cui lo spirito ritorna a sé arricchito del rapporto con le istituzioni storiche, è la consapevolezza che lo spirito ha di sé in quanto spirito, ovvero nell’ambito di quelle che vengono definite attività spirituali, l’arte, la religione, la filosofia. È lo spirito che sa e conosce se stesso nelle forme dell’arte, della religione, della filosofia.

Approfondimento SPIRITO SOGGETTIVO

La forma più alta dello spirito soggettivo, l’epilogo, è lo spirito libero, cioè il volere orientato alla conoscenza. Nello spirito libero affiora l’esigenza di libertà, quella stessa esigenza che orienta lo spirito soggettivo in direzione di un rapporto con altri spiriti, cioè a farsi spirito oggettivo. è lo spirito individuale nel suo progressivo porsi come libertà.

Approfondimento SPIRITO OGGETTIVO

Lo spirito oggettivo è l’assoluto che realizza la propria libertà nei rapporti tra i diversi individui all’interno della società e che si manifesta nel mondo delle consuetudini, delle leggi, delle istituzioni sociali concrete, cioè che si sviluppano nella storia. Lo spirito oggettivo è la realizzazione della libertà che non è arbitrio, ma è la volontà che si conforma a ciò che prescrive la ragione, cioè alla legge in quanto espressione della razionalità. Perciò nella prospettiva hegeliana, la libertà si realizza nel DIRITTO (tesi), legge concreta, ma esteriore. Per diritto Hegel intende sia il diritto privato, cioè l’insieme delle norme che regolano i rapporti tra persone, sia l’economia, sia la politica, sia la morale. È l’insieme dei rapporti esteriori tra gli individui appartenenti a una comunità. L’individuo è persona giuridica, cioè è titolare di diritti e doveri. L’individuo trova la sua più immediata espressione sul piano reale nella proprietà, e alla proprietà si riferiscono tutti i rapporti che intercorrono tra persone: il contratto, la sua violazione, la pena conseguente.

Al diritto si oppone la MORALITÀ (antitesi), legge interiore, ma astratta. La moralità è la legge interiore sentita come universale. Il soggetto è dotato di volontà consapevole che accetta la legge in quanto la riconosce come sua all’interno della coscienza. È caratterizzata dalla separazione tra la soggettività, che deve realizzare il bene, e il bene che deve essere realizzato. Sono individuabili le linee di fondo della concezione morale di Kant. Critica che muove Hegel è: la vita morale non può consistere nella tensione verso un ideale perfetto mai pienamente raggiungibile.

L’autentica vita morale si realizza quando gli individui che decidono consapevolmente di formare una comunità danno vita all’ethos, ovvero alla moralità realizzata nelle istituzioni. Si ha allora la sfera dell’ETICITÀ. Quindi virtù non è obbedienza alla legge formale, ma è dedizione al bene comune. L’eticità si attua concretamente nel mondo e realizza effettivamente il bene comune come fine universale. L’eticità è la realizzazione del bene comune attraverso 3 momenti dialettici, cioè le 3 le istituzioni: della famiglia (tesi), della società civile (antitesi) e dello Stato (sintesi).
Il secondo momento. la Società Civile coincide con la sfera economico-sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme, ovvero con il luogo di scontro e incontro, di interessi particolari e indipendenti, i quali si trovano a dover coesistere tra loro. È il sistema di interessi privati regolati da organi pubblici che si impongono dall’esterno  o nell’ambito di una universalità ancora formale. Carattere di frazionamento e scissione.
Lo Stato è il momento culminante dell’eticità. È la riaffermazione della famiglia al di là della dispersione della società civile. Rappresenta una sorta di famiglia in grande, in cui l’ethos di un popolo esprime consapevolmente se stesso, superando i particolarismi della società civile in vista di un bene comune.

Terzo momento dello Stato (prima dello SPIRITO ASSOLUTO):
STORIA DEL MONDO: lo spirito oggettivo, tramite l’azione esercitata dagli stati, si esplica nella storia. In quanto spirito immette nella storia l’elemento della razionalità. Allora della storia si può dare una spiegazione razionale, cioè è possibile individuare una filosofia della storia. La storia è opera della ragione che governa il mondo, è un processo razionale, che si sviluppa dialetticamente attraverso passaggi necessari. Compaiono momenti negativi, e cioè il male. Ma il negativo è l’elemento dinamico che spinge a un livello superiore di verità, così nella storia il male ha la funzione di stimolare al raggiungimento di un bene più alto.
Protagonista della storia generale è “lo spirito del mondo”, l’assoluto che s’incarna di volta in volta nei vari singoli popoli e in ciascuno di essi dà forma allo spirito del popolo in cui si esprime la civiltà propria di quel popolo.

Individui storici come Napoleone, Giulio Cesare concorrono a realizzare fini a loro estranei, fini universali definiti secondo un disegno superiore che si sviluppa indipendentemente dalle scelte individuali. L’ASTUZIA DELLA RAGIONE (Enciclopedia par. 551) governando il mondo si serve in maniera spregiudicata degli individui per portare a compimento i propri fini.
Il fine della storia del mondo è la piena realizzazione della libertà a cui lo spirito giunge per gradi. I 3 momenti fondamentali di essa sono: il mondo orientale dove uno solo è libero; il mondo greco-romano dove alcuni sono liberi; il mondo cristiano dove tutti sono liberi.

SPIRITO ASSOLUTO
I 2 momenti opposti dello spirito soggettivo e dello spirito oggettivo si risolvono dialetticamente nello spirito assoluto, che giunto al termine del suo cammino, riconosce se stesso come un’entità puramente spirituale. Questo riconoscimento si materializza nelle attività spirituali dell’arte, della religione e della filosofia.
L’ARTE coglie l’assoluto come proprio oggetto mediante l’intuizione sensibile, cioè mediante una forma di conoscenza che si basa sui sensi (vista, udito…).
RELIGIONE ha per oggetto l’assoluto colto mediante la rappresentazione. È in bilico tra l’intuizione sensibile e il pensiero, cioè è ancora legata alla sfera della sensibilità (del particolare) e ne trasferisce il contenuto alla sfera del concettuale (dell’universale).
FILOSOFIA esprime l’assoluto nella forma del concetto, cioè nell’unico modo pienamente adeguato a manifestare la verità, in quanto nella conoscenza concettuale c’è perfetta identità di soggetto e oggetto.

CONCLUSIONE
La filosofia, come autoconsapevolezza dello spirito, coincide con la storia della filosofia. La STORIA DELLA FILOSOFIA non è una frammentata molteplicità di punti di vista sconnessi, ma è lo svolgimento concreto, è il cammino attraverso cui lo spirito acquista coscienza di sé; quindi la storia della filosofia è un organismo unitario in cui la filosofia si manifesta come sistema razionale. Ogni filosofia, nel momento in cui si manifesta, è vera nel senso che esprime la verità adeguata ad un determinato grado dello sviluppo spirituale.

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