Dove Sei? Ontologia del Telefonino


Dove Sei? Ontologia del Telefonino , è un testo quanto mai attuale, che prova ad individuare un senso ed un significato che possa collocare, in modo filosofico, nel mondo attuale, un oggetto commercializzato e abusato, quale è oggi il cellulare. La tesi sostenuta da Ferraris, è quella per la quale il mondo è costituito da soggetti, conoscenti, e da oggetti, che possono essere conosciuti. Ogni relazione umana col mondo si costruisce a partire dalle possibili interazioni significative, perché dotate di senso, tra un soggetto ed un oggetto. Quindi, per approfondire la natura di queste possibili relazioni, è necessario indagare, anche, la natura degli oggetti conoscibili. Secondo il Ferraris, gli oggetti possono essere distinti in tre categorie fondamentali. Esistono gli oggetti reali, interrogati dall’ontologia filosofica; gli oggetti ideali, studiati dalla gnoseologia; e gli oggetti sociali, che rappresentano tutte le implicazioni possibili tra gli oggetti nominati in precedenza. L’oggetto reale è la cosa in quanto tale; nel nostro caso il telefonino vero e proprio. L’oggetto ideale è il mondo dei pensieri e delle idee che il telefonino custodisce, riproduce, e conserva. Perché, può sembrare strano, ma la multimedialità ha, ormai, stravolto il fine ultimo del cellulare che viene utilizzato, anche, ma non solo, per parlare. La sua finalità non è più, difatti, quella di avere unicamente una conversazione telefonica. Col cellulare si scambiano messaggi, foto e video; ci si collega ad internet; si approcciano gli amici sui social network; si cerca un partner collegandosi ad un sito di incontri; si va su Google per accedere al mondo dell’informazione online; si leggono i giornali; si spediscono e si ricevono le mail. Il suo uso, multitasking, va da un utilizzo professionale, ad uno di tipo sociale, per contattare amici e parenti, fino ad un uso più strettamente personale, che serve a coltivare le proprie relazioni sentimentali, con chi ci sta più a cuore. Dunque, sostiene Ferraris, il telefonino serve, soprattutto, per scrivere, e per memorizzare, per lasciare traccia, per conservare e trasmettere. Potremmo dire, a buon diritto, che il parlare a telefono è diventato, ormai, solo un complemento supplementare, e non certamente prioritario, dell’uso che noi facciamo del cellulare. Il telefonino svolge, attualmente, il ruolo una volta tipico delle antiche iscrizioni, dei primi testi, o frammenti, rinvenuti dagli studiosi, che hanno poi successivamente permesso la ricostruzione di intere epoche storiche. A cominciare dai graffiti, fino ai papiri egiziani, ai frammenti dei primi filosofi presocratici, ai documenti e ai testi, che costituiscono una preziosa fonte diretta dei fatti avvenuti nel corso del tempo. Senza questo tipo di documentazione, nessuna storia umana sarebbe stata possibile. Forse, in futuro, per ricostruire la nostra epoca, saranno studiati i tabulati telefonici, come una volta venivano lette e tradotte le antiche iscrizioni. Già lo si fa, in effetti, quando si vuole indagare su qualche fatto oscuro, come un delitto o un crimine, nella nostra quotidianità. Perché il cellulare misura anche i nostri spostamenti, ed è in grado di riferire dove eravamo, disegnando un percorso che parla per tutti noi, suoi utenti e fruitori. Queste funzioni, nel loro insieme, fanno perciò del telefonino anche un oggetto sociale. Perché ci danno la possibilità di scambiare informazioni, di dialogare, e di scrivere notizie ad amici e parenti, oltre che a colleghi di lavoro. Rappresentando la mappa dei nostri rapporti, e delle relazioni che intrecciamo, ogni giorno, col mondo circostante. Il telefonino è, probabilmente, il solo mezzo che possa fungere, al tempo stesso, da oggetto reale, oggetto ideale, e oggetto sociale. Nemmeno i pc e  gli ipad sono così versatili. La potenza filosofica di questi piccolissimi mezzi di comunicazione è enorme, non va sottovalutata, e nemmeno sminuita, banalizzando il loro uso. Il cellulare, lo vogliamo o no, ha ormai cambiato la nostra vita, modificando profondamente il nostro modo di comunicare, velocizzandolo, ma anche, per certi versi, imbarbarendolo (si pensi alle faccine per esprimere la mimica degli stati d’animo, o a tutte le forme di abbreviazione utilizzate, che stanno cambiando l’uso che facciamo della nostra lingua). Sottovalutare il telefonino, però, vuol anche dire non voler vedere il suo valore e significato. Negare il peso sociale, e filosofico, della sua portata. Il telefonino ormai esiste. E ha cambiato del tutto le nostre esistenze. Divenendo un oggetto di riflessione filosofica. Facciamo bene a capire questa verità. Indagandola a fondo. E accettandola. Senza fare finta che non esista. O credendo di poterla eludere con le sbrigative, e retoriche, critiche che quotidianamente, ma altrettanto banalmente, rivolgiamo al mondo della comunicazione multitasking. L’incontro faccia a faccia è sempre, e comunque, da preferire. Rimane, però, la portata rivoluzionaria di un mezzo di comunicazione a tutto tondo, che permette di interagire, in qualunque momento, da un estremo all’altro della terra, senza doversi spostare di un centimetro dalla propria sedia. Il palmare, quanto a velocità ed efficienza della comunicazione, è ancora più potente del pc. E stiamo attenti a distrarci, perché, se dimentichiamo incustodito il nostro cellulare, rischiamo di passare informazioni riservate sulle nostre vite agli indiscreti di turno. Parecchi dei quali le avranno, in ogni caso, a loro disposizione dopo la nostra ultima e definitiva dipartita.
Concordo con Maurizio Ferraris, sulla portata e sulla potenza di questi sempre più piccoli e versatili strumenti. Non accetto l’abuso che se ne fa nella socialità. Sempre più spesso mi capita di vedere luoghi di aggregazione o di attesa – studi medici, scuole, stazioni dei mezzi di trasporto – i cui spazi siano occupati da gente completamente immersa nello schermo del cellulare, incapace di guardarsi in faccia per dare inizio ad una conversazione. Io stessa, in aula, faccio molta fatica a poter instaurare un dialogo con alcuni miei alunni, particolarmente abituati ad un uso smodato del mezzo di comunicazione che, piuttosto che facilitare l’interazione con l’altro, finisce per essere di ostacolo e di nocumento alla relazione.
L’intelligenza artificiale è, oggi, ampiamente utilizzata anche per scopi didattici, ma non bisogna mai dimenticare che l’apprendimento si fonda sempre su un’esperienza diretta e reale nel contesto di riferimento, e che non può mai prescindere da una socialità viva e diretta, in presenza ed in prima persona.
La tecnologia è un ausilio alla scienza, e tale deve rimanere. Non può tramutarsi in una facile scusa per nascondersi dietro uno schermo e rinunciare al contatto vero, fatto di carne, di sguardi e, perché no, anche di odori, con l’altro essere umano.

Bibliografia:

  • M. Ferraris, Dove Sei? Ontologia del Telefonino, Bompiani, Milano 2011.

Commenti

Post più popolari